Il rapporto tra scienza e tecnica nel mondo ellenistico e romano

 

Spesso si è negato che nel "mondo antico" vi siano state relazioni ta scienza e tecnica. Secondo un luogo comune che ha a lungo resistito, scienza e tecnologia avrebbero proceduto per millenni ignorandosi reciprocamente e avrebbero iniziato ad interagire solo all'inizio dell'età moderna.

L'illusione di potere affrontare il problema dei rapporti tra scienza e tecnica nell'ambito di un generico "mondo antico", concepito come qualcosa di sostanzialmente omogeneo, era probabilmente all'origine di questa diffusa convinzione, come di altre analoghe. Sono convinto che i rapporti tra tecnologia e scienza siano stati invece molto vari nel lungo arco della storia antica e che per affrontare seriamente l'argomento occorra distinguere almeno tre situazioni, completamente diverse tra loro.

Nelle civiltà pre-classiche, e ancora nella Grecia classica fino al V secolo, è dubbio che si possa parlare propriamente di "scienza". Comunque le conoscenze tecnologiche venivano elaborate parallelamente e indipendentemente dalle conoscenze di tipo teorico, che nel caso della civiltà greca inclusero nozioni spesso considerate scientifiche, come quelle della filosofia naturale dei filosofi ionici o della numerologia pitagorica. 

Nel periodo ellenistico si afferma invece uno stretto rapporto tra la scienza, o, più precisamente la "scienza esatta", e un nuovo tipo di tecnica, che possiamo dire "tecnologia scientifica". Lo stretto legame tra le nuove scienze e le loro applicazioni tecnologiche può essere riconosciuto e illustrato in vari modi. Il più ovvio consiste probabilmente nell'esaminare il contenuto delle diverse teorie. In alcuni casi, come in quello della "catottrica", ossia la scienza degli specchi, il contenuto interessa senza ombra di dubbio una specifica tecnologia. Anche la "meccanica", che nell'età moderna pretenderà di essere uno strumento per la descrizione dell'universo, nel mondo greco era più umilmente la "scienza delle macchine", come il nome indica chiaramente. Nel caso dell'idrostatica, sviluppata da Archimede, il legame con la tecnologia navale è quasi altrettanto evidente. In altri casi il rapporto è indiretto: ad esempio l'ottica (ossia la "scienza della visione") fornisce le basi della teoria della prospettiva alla "scenografia", che è la tecnica di realizzazione di scenari teatrali realistici. La geometria, oltre ad essere applicabile direttamente a discipline di interesse tecnico come l'architettura o la geodesia, costituisce il fondamento di quasi tutte le altre scienze.

Come ho tentato di mostrare altrove[1], credo che il legame tra le scienze ellenistiche e la tecnologia non sia un rapporto estrinseco, riducibile alla circostanza che vengono tratte alcune "applicazioni" dalla scienza, ma un rapporto strutturale, che contribuisce a determinare lo stesso nuovo metodo scientifico. Vediamo perché.

Vorrei innanzi tutto ricordare, da buon matematico, che una caratteristica essenziale del metodo scientifico nato nella civiltà greca del IV secolo è l'uso sistematico del metodo dimostrativo, ossia del procedimento consistente nella deduzione rigorosa di conseguenze da premesse date. È probabilmente utile ricordare alcune caratteristiche di questo metodo che sono scomparse o si sono alterate profondamente in età moderna.

Innanzitutto le proposizioni dimostrate nei testi classici (ad esempio negli Elementi di Euclide, che si può considerare un testo paradigmatico) sono di due tipi diversi: accanto ai teoremi, oggi più familiari, vi erano le proposizioni dette allora problemi[2]. L'enunciato dei teoremi consiste in un'asserzione ed è seguito dalla sua dimostrazione, che si conclude con la formula come si doveva dimostrare (ὅπερ ἔδει δεῖξαι). L'enunciato dei problemi consiste invece nella richiesta di costruire un ente con determinate proprietà. All'enunciato segue prima la descrizione di una costruzione e poi la dimostrazione che l'oggetto così costruito soddisfa le richieste iniziali. In questo secondo caso la dimostrazione si conclude abitualmente con la formula come si doveva fare (ὅπερ ἔδει ποιῆσαι).

Nel caso della geometria piana la costruzione consiste in un disegno realizzato con riga e compasso, ma la stessa terminologia e lo stessa struttura logica sono usate per costruzioni d’altro tipo, che oggi non sono considerate affatto "matematiche". Per esempio nella meccanica di Erone si trova il seguente "problema": costruire con ruote dentate un ingranaggio che permetta di sollevare un certo peso con una forza assegnata. Si trattava di costruire realmente una macchina con un "vantaggio meccanico" dato, assegnato a priori. Erone descrive come devono essere realizzati gli ingranaggi e successivamente dimostra che la macchina costruita secondo le sue indicazioni effettivamente solleva il peso considerato se si agisce con la forza data[3].

Alla luce dell'esempio di Erone diviene più chiaro che anche le costruzioni di Euclide non avevano il significato metaforico che oggi hanno le "costruzioni" matematiche, ma si riferivano alla realizzazione di un oggetto concreto: in quel caso un disegno.

Le osservazioni precedenti permettono di capire più facilmente la rapida importanza assunta dal metodo dimostrativo. Ideare la dimostrazione di teoremi richiede molto lavoro intellettuale e molta immaginazione. Cosa si ottiene in cambio? Ci si può chiedere, in effetti, perché sia importante appurare che determinate premesse a, b, c, … implichino necessariamente la conclusione z. Ammesso che si sia interessati alla conclusione, non sarebbe più facile verificarne direttamente la validità, invece di usare preziose energie intellettuali per dimostrarne il legame logico con le premesse scelte?

Consideriamo un esempio. Usando gli algoritmi esposti nell'Almagesto, si può dimostrare, con un teorema, che, se Marte aveva una certa posizione due mesi fa, oggi deve apparire in un certo punto del cielo. A che serve tutto ciò? Non è più facile guardare direttamente dove si trova adesso Marte? È chiaro che la deduzione della posizione del pianeta dalla sua storia precedente è inutile per conoscerne la posizione attuale, ma diviene insostituibile se sono interessato ad una posizione futura: ad esempio quella che sarà assunta da Marte fra tre mesi.

Consideriamo un altro esempio. Nel suo Trattato sui galleggianti Archimede dimostra alcuni teoremi (profondi e difficili) che determinano le condizioni di forma e di densità media che assicurano la stabilità dell'equilibrio di alcune categorie di corpi galleggianti. Perché lo fa? Non potremmo verificare direttamente se un corpo galleggiante posto nell'acqua in una determinata posizione rimane in equilibrio stabile o si rovescia? La verifica empirica è certo più semplice nel caso di una tazza, o di un modellino, ma se il corpo di cui si parla è lo scafo di una vera nave diviene evidente l'interesse a conoscere il risultato prima di costruirlo, senza aspettare il varo. Perciò non bisogna stupirsi se all'epoca dei teoremi archimedei si realizzarono (almeno in un caso con la supervisione dello stesso Archimede), navi di dimensioni prive di confronto nel passato.

Un altro esempio è fornito dalla scenografia. I teoremi dell'Ottica di Euclide permettono di prevedere l'impressione visiva prodotta da un dato quadro. Se il quadro già esiste, è certo più facile verificare direttamente l'impressione visiva guardandolo, ma se si vuole provocare una determinata impressione, ad esempio quella di un edificio tridimensionale, che nel passato nessun pittore era riuscito a ottenere, la teoria diviene essenziale per guidare la tecnica pittorica. Non a caso i primi quadri in prospettiva furono dipinti subito dopo che la teoria corrispondente era stata dedotta dall'ottica.

In generale possiamo dire che il rigore del ragionamento astratto, che è un lusso inutile quando si parla di oggetti e fenomeni direttamente osservabili, diviene essenziale se si vuol parlare coerentemente di realtà virtuali, di cui si vuole conoscere le proprietà prima di passare a una eventuale realizzazione concreta.

Il procedimento seguito nella tecnologia scientifica ellenistica può essere così sintetizzato: si costruisce una teoria partendo da affermazioni che corrispondono a fenomeni reali noti e la si sviluppa con il metodo dimostrativo: si ottengono così descrizione e proprietà di oggetti virtuali, senza corrispondenza nel mondo reale. Sulla base di tali descrizioni, si decide poi quali oggetti costruire. Il metodo dimostrativo fornisce così una sorta di ponte tra gli oggetti noti e altri immaginabili e progettabili solo grazie alla scienza. Per millenni gli uomini avevano avuto due sole possibilità: o parlare in modo attendibile di oggetti concreti, oppure immaginare realtà possibili la cui realizzabilità poteva essere valutata solo alla prova dei fatti. La scienza, permettendo di enunciare "teoremi" su realtà non necessariamente esistenti, riesce a dare solidità a percorsi argomentativi che riguardano realtà solo immaginate, fornendo per la prima volta rigore logico alla fantasia.

Va sottolineato che il legame tra metodo dimostrativo e tecnologia è molto più limpido nella cultura ellenistica che nella scienza moderna, nella quale la specializzazione rende spesso difficile seguire le catene lunghe e complesse che legano tra loro matematica, fisica e ingegneria.

 Ci si può chiedere come mai lo stretto rapporto tra il sorgere del metodo dimostrativo (ossia della "scienza esatta") e la sua funzione di potente strumento per la progettazione di nuove realtà tecnologiche sia stato a lungo ignorato (lasciando addirittura spazio al mito di una "scienza antica" disinteressata alle applicazioni tecnologiche). Credo che il fraintendimento sia dipeso da varie circostanze. In primo luogo gran parte dell'antica tecnologia è stata a lungo ignorata (anche perché nel passato gli archeologi si occupavano quasi esclusivamente dei manufatti di interesse artistico). Le opere scientifiche conservate, avulse dal contesto applicativo che le aveva motivate, sono apparse così puri esercizi speculativi. Inoltre in epoca moderna la relazione tra scienza dimostrativa e progettazione tecnologica è stata spesso molto più complessa e mediata: mentre Archimede controllava tutto il processo che dai postulati dell'idrostatica portava alla costruzione delle navi, nel mondo moderno un'analoga connessione sarebbe avvenuta attraverso almeno tre figure diverse: il matematico, il fisico e l'ingegnere.

Il tipo di rapporto tra scienza e tecnologia appena descritto nella civiltà ellenistica è radicalmente diverso da quello presente nella civiltà romana del periodo imperiale. Dal punto di vista puramente tecnologico, sembra esservi una grande continuità: in molti casi, anzi, lo sviluppo della tecnologia, almeno dal punto di vista quantitativo, sembra toccare l'apice nel primo periodo imperiale.

Se invece consideriamo lo sviluppo della scienza esatta è facilmente percepibile un crollo. Alla fine del II secolo a.C. le ricerche appaiono interrompersi e quando riprenderanno, secoli dopo, con Erone o Tolomeo, il loro livello sarà macroscopicamente inferiore. Sembra quindi che lo stretto legame tra scienza e tecnologia scientifica venga meno nel mondo romano. Qualcuno può essere tentato di dedurne che si possano ottenere risultati tecnologici analoghi sia usando la scienza sia facendone a meno.

Vorrei proporre una diversa spiegazione di questa dissociazione. 

Consideriamo ancora una volta un esempio specifico. L'arte figurativa per millenni aveva ignorato la prospettiva, che sorse solo quando, in epoca ellenistica, le scienze della geometria e dell'ottica ne fornirono il fondamento. Senza l'ausilio di argomenti teorici (e senza precedenti) è ben difficile immaginare come occorra dipingere, ad esempio, un edificio in modo che la sensazione visiva sia eguale a quella prodotta dal reale oggetto tridimensionale. Non a caso in nessuna delle civiltà preclassiche era mai sorto un pittore in grado di creare l'illusione della terza dimensione. La necessità della teoria venne però meno quando si ebbe a disposizione un vasto archivio di quadri e affreschi realizzati in prospettiva, che permetteva di limitarsi a imitare il già fatto, adattandolo alle nuove esigenze. Analogamente, nel caso della costruzione delle catapulte a torsione, se lo sviluppo della tecnica si era giovato della meccanica teorica, come appare leggendo i trattati dell'epoca, ad esempio quello di Filone di Bisanzio, la stessa teoria non era altrettanto importante per continuare a costruire catapulte: bastava imitare quelle esistenti.

Credo che, in generale, se il metodo scientifico era stato essenziale per la prima realizzazione di oggetti senza analogie nel mondo naturale e nella tradizionale tecnologia empirica, non fu altrettanto essenziale per continuare a riprodurli. Almeno non sembrò tale ai Romani. In epoca imperiale apparve così un terzo tipo di tecnologia, che possiamo chiamare post-scientifica. Essa condivide con quella pre-scientifica la caratteristica di prescindere dalla scienza, limitandosi ad adattare e ricombinare elementi noti su base empirica. La differenza (essenziale!) è nel fatto che i punti di partenza non sono più oggetti naturali o manufatti ereditati da antiche tradizioni artigianali, ma i prodotti della tecnologia scientifica delle generazioni precedenti. Il nuovo procedimento permette molte realizzazioni che nei primi tempi non sono distinguibili dagli oggetti progettati scientificamente, ma ha un difetto: alla lunga provoca una progressiva degenerazione dei prodotti. Tornando all'esempio precedente, mentre alcuni degli affreschi noti di epoca romana seguivano ancora le regole geometriche della prospettiva[4], in un secondo tempo venne usata una prospettiva incoerente, con più punti di fuga. Successivamente, nell'arco di qualche generazione, la prospettiva fu totalmente abbandonata.

Un'evoluzione simile riguardò le armi da getto. I generali romani erano molto interessati alla costruzione di efficienti catapulte a torsione, che negli stati ellenistici erano rapidamente progredite anche grazie alla scienza della meccanica, ma probabilmente nessuno si preoccupò di svilupparne i presupposti teorici. (Nella prima epoca imperiale si continuarono a scrivere manuali sull'argomento, ma si tratta di compilazioni prive di originalità[5]). Il risultato fu che la gittata delle catapulte romane continuò a decrescere durante il periodo imperiale, finché non fu più conveniente costruirle.

Il passaggio dalla tecnologia scientifica ellenistica a quella, che abbiamo chiamato post-scientifica, di epoca imperiale, potrebbe non essere un fenomeno irripetibile. Forse vi sono epoche in cui si accumula un tale capitale di conoscenze scientifiche e tecnologiche da rendere conveniente, in un'ottica di breve periodo, la retrocessione al livello empirico, accontentandosi di riprodurre, ricombinare e adattare elementi noti, senza salti di qualità nelle conoscenze di base. Si tratta di una possibilità preoccupante, soprattutto perché, non potendosi apprendere il metodo scientifico senza adoperarlo, la scienza non può conservarsi senza progredire. Quando nell'antichità venne meno la ricerca scientifica, nell'arco di qualche generazione si perse anche la capacità di comprendere le più profonde opere scientifiche scritte nei secoli precedenti.

 

[1] Cfr. soprattutto L. Russo, La rivoluzione dimenticata, 3a ed., Feltrinelli, 2003 (in inglese: The forgotten revolution, Springer, 2004).

[2] Questa distinzione terminologica non è presente in Euclide, ma appare in altre opere, ad esempio nel commento ad Euclide di Proclo. I due tipi di proposizione sono comunque chiaramente distinti negli Elementi dalla formula finale di cui parleremo tra poco.

[3] Pp. 256-266 in Heron Alexandrinus, Opera, vol. II, (ed. L. Nix e W. Schmidt), Leipzig, Teubner, 1900.

[4] Un caso particolarmente significativo è fornito dagli affreschi scoperti nel 1961 nella cosiddetta "stanza delle maschere", nella casa di Augusto sul Palatino, e datati a circa il 30 a.C.

[5] Ad esempio Marsden conclude la sua analisi dei Belopoeica di Erone affermando che “nonostante la sua data, il contenuto tecnico di questo lavoro appartiene al III secolo a.C.”. (Eric W. Marsden, Greek and Roman artillery: Historical development, Oxford, Clarendon, 1970; rist. 1998, p.3).